LA
FILOSOFIA NELL’ETA’ DELLA SCIENZA E DELL’ASSOLUTISMO
“Archimede
per togliere il globo
terrestre
dal suo posto e trasportarlo
altrove
non chiedeva che un punto saldo
e
immobile, parimenti, anche io potrò
concepire alte
speranze, se avrò tanta
fortuna
da scoprire una cosa sola
che
sia certa e indubitabile”
La
filosofia di Cartesio si colloca in un periodo storico in cui, grazie alla
rivoluzione scientifica, nasce una Scienza moderna.
L’uomo ritrova nella ragione la possibilità di dominare il mondo e Cartesio ne segna
la svolta decisiva dal Rinascimento all’età moderna, essendo il fondatore del
razionalismo
(quella corrente della filosofia moderna che vede nella ragione il fondamentale
organo di verità e lo strumento per elaborare una nuova visione del mondo).
I
temi fondamentali della filosofia del Rinascimento, cioè il riconoscimento
della soggettività umana e l’esigenza di approfondirla, il rapporto
dell’uomo col mondo, sono affrontati
in Cartesio in termini “moderni” in cui sono coinvolti insieme l’uomo come
soggetto e il mondo oggettivo.
L’interesse
di Cartesio è rivolto all’uomo, quindi a se stesso. “
Dopo aver passato(…) alcuni anni a studiare nel libro del mondo e a cercare di
acquistare qualche esperienza, decisi un giorno di studiare anche in me
stesso…..” Cartesio, “Discorso
sul metodo.” Prima parte .
Infatti,
adottando un procedimento autobiografico, egli delinea il proprio ideale
scientifico e spiega i motivi che lo hanno condotto a distaccarsi dalla
tradizionale Scolastica e ad elaborare un nuovo e rivoluzionario metodo
filosofico, dal momento che si accorge di non essere in possesso di alcun sicuro
criterio per distinguere il vero dal falso.
In
base a questa convinzione Cartesio si accinge ad una revisione del pensiero
filosofico e del sapere tradizionale: da cui il suo concetto di una filosofia
–matematica universale (la matematica
è la scienza tipicamente razionale), dubitando di quanto non sia solidamente
fondato.
Egli
parla di un dubbio
esteso a tutte le conoscenze, come unica via per acquistare una certezza nel
campo della scienza e della filosofia.
Non
è un atteggiamento scettico che consiste nel dubitare di tutto rinunciando a
qualsiasi certezza (dubbio
scettico) ma di trovare un fondamento valido per ricostruire il sapere (dubbio
metodico).
Questo
è un procedimento con cui si eliminano dal sapere tutte le opinioni di
carattere incerto allo scopo di fornire un saldo fondamento
razionale.
Proprio
perché razionalmente controllato, il dubbio può assumere una forma più
sistematica rispetto ai comuni “dubbi
psicologici” dello scettico. Infatti si dovrà assumere come falsa
qualsiasi opinione su cui sia possibile sollevare anche il minimo dubbio.
Di
qui il carattere iperbolico
cui approda il processo dubitativo cartesiano. Il dubbio, infatti per
Cartesio, è caratterizzato da due stadi:
il primo stadio si rivolge agli oggetti
dei sensi, considerati come la sorgente più comune e più certa del
nostro sapere. (es. il bastone immerso nell’acqua che appare spezzato o
l’attività onirica). Il secondo stadio
si rivolge invece, agli oggetti
dell’intelletto, come per es. le cognizioni matematiche che sembrano
conservare il proprio valore, sia che io sogni o che sia desto.
Per
estendere il dubbio agli oggetti dell’aritmetica, della geometria, Cartesio
introduce l’ipotesi di un Dio ingannatore. E poiché questa idea contrasta con il nostro
concetto di Dio infinitamente buono, Cartesio ipotizza l’esistenza di un “genio
maligno” che abbia impiegato tutta la sua industria ad ingannarmi.
In
questo modo il dubbio sembra invincibile, lasciando solo la strada della “sospensione del giudizio”. Egli
dice: …”Io penserò che il cielo, l’aria, la terra, i colori, le figure e
tutte le cose esterne che vediamo non siano che illusioni e inganni…”Per
questo Cartesio si propone di non accogliere alcuna falsità e di prepararsi
affinché questo grande ingannatore non gli possa imporre nulla.
“Infine …(…) decisi di
fingere che tutto ciò che avevo fino allora appreso non fosse più vero
dell’illusione dei miei sogni. Subito dopo però mi accorsi che, mentre volevo
pensare che tutto fosse falso, era necessario che io, che lo pensavo, fossi
qualcosa; e notando che questa verità: “io penso, dunque sono”, era così
salda e certa che tutte le più stravaganti supposizioni degli scettici non
avrebbero potuto smuoverla, pensai che avrei potuto accettarla senza timore come
primo principio della Filosofia che andavo cercando”. Cartesio , “Discorso
sul metodo”, quarta parte.
Dopo
aver portato all’estremo l’esercizio del dubbio, Cartesio, come scrive
nella seconda meditazione, giunge ad un primo fondamento sicuro:
il principio del cogito.
“…Dopo tutte queste considerazioni dunque comincio a capire meglio chi mai
io sia. Ma tuttavia sembra ancora che le realtà corporee, le cui immagini si
formano per mezzo del
pensiero,
possano essere conosciute in maniera molto più distinta di quel nonsochè di me
che non cade sotto la mia immaginazione…….Ma vedo cosa accade: la mia mente
gode di smarrirsi e non sopporta di essere trattenuta dentro i confini della
verità”…..Cartesio, “Meditazioni metafisiche”, seconda meditazione.
Dal
dubbio, quindi, giunge al cogito,
poiché egli ritiene che di tutto posso dubitare, tranne che del fatto stesso di
dubitare, cioè di pensare, quindi di esistere.
Gli
elementi fondanti il cogito sono, oltre alla chiarezza
e la distinzione, l’intuizione
(applicata agli elementi semplici costituenti l’oggetto), la deduzione(un concatenamento di intuizioni chiare e distinte) e le
idee innate (esse sono date dal cogito ma non prodotte da esso; non
dipendono dall’esperienza pur facendo parte dei contenuti di pensiero del
cogito).
Il dubbio mi porta alla scoperta di una verità assolutamente certa dell’esistenza di me inteso attraverso il cogito. Ma non solo penso, sono anche un “cosa pensante” (res cogitans), cioè spirito, intelletto o ragione.
Dall’analisi
del cogito Cartesio trae il suo fondamentale criterio di verità: l’evidenza.
Dapprima
egli ritiene che il cogito sia assolutamente vero e certo, in quanto evidente
(fonda la verità del cogito sull’evidenza) poi dichiara che l’evidenza deve assurgere a regola fondamentale per qualsiasi
altro tipo di ragionamento. Alla
fine sembra che cogito e regola dell’evidenza fondano con reciprocità (con
assoluto valore di verità) la loro indubitabile certezza.
Attraverso
questo procedimento di critica, Cartesio vuole pervenire a “conoscenze indubitabili” su cui fondare il suo “metodo”
che serve come giuda per l’orientamento dell’uomo nel mondo.
Il
metodo è un procedimento ordinato di indagine del reale che segue delle regole
ben definite. L’intento è di legittimare questo metodo per renderlo
universale e valido. Per legittimarlo Cartesio deve fondarlo sull’unico
principio non sottoponibile al dubbio che è il “cogito”, garanzia di
coerenza, di ordine, di possibilità di conoscenza. Il cogito è quella verità
su cui si fonda ogni altra conoscenza e permette di giungere al principio che
fonda il valore universale e assoluto
del metodo. (dal cogito al metodo).
Il suo metodo è, quindi, deduttivo –scientifico e offre la possibilità di conoscere il mondo in modo razionale. Inoltre deve essere un criterio unico e semplice di orientamento che serva all'uomo, in ogni campo teoretico e pratico e che abbia come ultimo fine il vantaggio dell’uomo nel mondo.
Nel
formulare le regole di tale metodo, Cartesio si avvale soprattutto della matematica poiché è la scienza dell’ordine e della misura ed è
già pervenuta in possesso del metodo attraverso i suoi procedimenti di
ragionamenti. (Essa, la matematica, possiede in sé la ragione della sua verità
ed è evidente).
Si
tratta solo di astrarre tale metodo dalle verità matematiche e di formularlo in
generale per poterlo applicare a tutte le branche del sapere. “…Considerando
poi che, tra tutti quelli che hanno cercato finora la verità nelle scienze,
solo i Matematici sono riusciti a trovare alcune dimostrazioni, cioè
alcune ragioni certe ed evidenti, non ebbi alcun dubbio che bisognava prendere
le mosse da quelle da loro esaminate…”Cartesio, “Discorso sul metodo”, seconda parte.
Cartesio
quindi formulò le regole del metodo tenendo presente il procedimento
matematico. Esse sono : 1.l’evidenza; 2.l’analisi; 3.la sintesi; 4.
l’enumerazione.
Per
rendere valido ed assoluto il
metodo egli lo giustifica, risalendo alla radice di tali regole: “l’uomo
come soggettività o ragione ”.
Il dubbio, quindi, diventa un presupposto teoretico (o autocoscienza), cioè il cogito, alla formulazione di un metodo universale e assoluto.
A cura di: Dott. Pia Mottola
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